di Arcimbaldo Materiale
Recensione a cura di Francesca Ghiribelli
Arcimbaldo Materiale si destreggia nella narrativa come uno chef ai fornelli, affronta il genere con saggezza, garbo, eleganza e intelligenza. In ogni sua trama mette la sana imperiosità della scrittura che però si veste di semplicità per arrivare al lettore in punta di piedi. Qui troviamo un titolo che non mette in conto sfumature, anzi unisce e affianca il bianco e il nero, due colori di cui è dipinto il mondo nella sua maggioranza e minoranza. Un tema originale e attuale, quello dello scrittore, che inizia con un’introduzione di tutto rispetto senza esagerare o andare oltre, perché invita soltanto chi andrà a leggere verso qualcosa da assaporare, valutare; una storia su cui riflettere piano e in silenzio, senza giudizi o esagerazioni di presa di posizione.
Così dovrebbe essere un libro, qualcosa che accompagna chi scopre la storia di chi scrive. La tematica dei viaggi della speranza dei migranti verso lidi più sicuri, come l’Italia, è all’ordine del giorno. Forse, per qualcuno un po’ risentito, magari, sì, un po’ troppo ai tg, specialmente con l’attuale Governo, ma questo è un libro di un autore emergente. E non si può dire che è solo un libro, perché ogni libro si fa persona, assume le sembianze del suo protagonista e, in questo caso, lo fa talmente bene che ogni italiano si sente un po’ Omar e prova a mettersi le scarpe con cui lui ha camminato. E averle, un paio di scarpe per camminare, perché la storia di Omar è una storia a piedi scalzi, il dolore di un viaggio della speranza in cui si perde l’unica persona importante della vita.
Ma lui si rialza e ricostruisce daccapo una strada tutta sua. Insomma, un’esistenza troppo complicata per vedere la luce in fondo al tunnel, ma anche talmente piena di speranza per riuscire ad avere il coraggio di arrendersi. Omar ruba fiori ai cimiteri per venderli ai semafori ai passanti che si fermano in auto, ma questo gesto illegale e indegno verso i cari che portano i fiori come omaggio ai loro defunti, dura davvero molto poco nel corso del romanzo. Il lettore, quasi non se ne accorge, perché la storia di Omar si intreccia con quella di Gioia; siamo a Roma, lei è nella stessa piazza, in cui lui vende i fiori, ora legalmente, mentre lei vende i biglietti della fortuna con il suo affezionato pappagallino verde. Ma tutto nella vita può cambiare, nasce un legame forte, un’amicizia speciale. Qualcosa di unico che le stelle che Gioia ha per occhi leggono nel cuore di Omar il quale, forse, già la ama a prima vista. E lei lo ricambierà mai? Resterà un forte dubbio fino alla fine che animerà il lettore nel voltare pagina per scoprirlo. Dall’altra la storia è solo all’inizio, ma è la storia di riscatto di un giovane straniero che non deve essere additato come “diverso”, perché il “diverso” non è un aggettivo negativo e neanche deve diventare un appellativo in senso pessimistico. Il “diverso”, solo l’uomo, nella sua stupidità e ignoranza, può trasformarlo in abominio e disprezzo. Il “diverso”, di per sé, se definito con intelligenza e saggezza, può essere soltanto qualcosa o qualcuno di positivo, magari proprio un valore aggiunto alla società, oggi sempre più superficiale e cosiddetta “parassita”.
Omar affronterà tutto e tutti, andrà contro, anzi, incontro, al suo destino, riscrivendolo con gli occhi dell’amore, con il cuore pieno di speranzoso coraggio e l’anima colma di pazienza. Ci sarà il tempo dell’amicizia, quello della rivincita, dello studio, del riconoscimento, della giustizia e dell’amore… un amore che lo porterà a ritrovare se stesso, completamente, e qualcuno che non ha mai dimenticato. Una storia, oltre che un racconto umanamente esistenziale, anche piena di scienza, dove quest’ultima si scontra in voce utile e autentica con la religione e la scoperta di Dio. Materiale non si fa mancare proprio nulla, un romanzo veramente apprezzabile che abbraccia svariati generi sfruttandone ogni loro potenziale.
Francesca Ghiribelli