fbpx
caputo

RECENSIONE BIANCA VESTITA DI NERO

Originaria di Giarre (CT), cittadina situata ai piedi dell’Etna, Angela Caputo risiede e lavora a Sacile (PN) da molti anni. Dopo aver ottenuto il diploma al Liceo Classico, ha conseguito una laurea in Lettere Classiche e si è dedicata alla stesura di numerosi articoli come giornalista pubblicista, svolgendo mansioni di editing e correzione di bozze, nonché  ricerche sulla storia della sua terra. In seguito, ha ottenuto la Specializzazione per l’insegnamento. Sempre appassionata di Storia, in particolare della Seconda Guerra Mondiale e dell’Olocausto, ha condiviso il suo sapere in vari contesti educativi. Dopo aver praticato per diverso tempo la professione di ghostwriter, Angela ha deciso di intraprendere anche la strada per diventare scrittrice.

Il suo romanzo è ambientato nel campo di concentramento di Ferramonti a Tarsia, la cui liberazione è avvenuta con l’armistizio di Cassabile nel settembre del 1943. La storia prende vita in un luogo unico, in cui a distanza di tempo si percepisce ancora nell’aria quello che accadde ottant’anni fa.

Bianca vestita di nero racconta una delle pagine più atroci e tragiche della storia italiana, un vissuto sociale ed economico in cui il Bel Paese è schiacciato dal peso dei bombardamenti della guerra e oppresso dalle ideologie dittatoriali – distruttive e agghiaccianti – fasciste e naziste. In uno scenario di morte, distruzione e massacri, si ambienta una storia d’amore tra un medico ebreo, la cui missione è salvare vite umane, e una giovane donna fascista, soggetta al giogo di una società disumana.

La narrazione, che testimonia i drammi e le atrocità subiti dagli ebrei deportati ed internati nei lager, è realistica e dettagliata; l’autrice si sofferma con particolare sentimento di partecipazione nel riportare anche il dolore e le sofferenze di coloro che hanno vissuto e sono sopravvissuti, perché lo scopo e l’obbligo dell’opera sono quelli di non dimenticare il male inflitto e non permettere che tutto venga cancellato o accantonato. Bisogna risvegliare le menti assopite e impedire che tale clima di terrore e privazione della dignità umana possa ripresentarsi.

Dalla storia di Bianca e del suo amore si evince l’esistenza in Calabria di un campo di concentramento italiano. Angela presenta e descrive il luogo con attenzione al dettaglio e agli avvenimenti, ricorrendo a un linguaggio fluido e mai banale, che sa adattarsi e trasformarsi in base ai diversi personaggi (dialoghi, ricordi, descrizioni) coinvolti nel suo romanzo. Sulla base di un background storico in guerra, pressati dalle ideologie mussoliniane e della Germania hitleriana, Bianca e Goran si incontrano e cercano disperatamente di far coincidere, in qualche modo, le rispettive realtà – diverse e opposte, una dominatrice e l’altra dominata – tentando di vivere la bellezza del loro rapporto in un momento di profonda incertezza e grande inquietudine.

Concentrandosi su Goran, ebreo deportato ed internato, chiara è la riflessione, voluta e consapevole, della scrittrice di soffermarsi nel ricordare tutti gli ebrei – prigionieri, feriti, uccisi e sopravvissuti – superstiti e testimoni della denigrazione e dell’annichilimento della dignità dell’uomo mediante l’ideologia ariana che giudica e condanna senza pietà chi considera “inferiore”.  L’odio e il male sono dappertutto ma l’autrice non dimentica e non abbandona chi ha saputo cambiare, chi ha deciso di fare qualcosa e agire piuttosto che lasciarsi sopraffare come un burattino da ideali atroci e disumani. Scioccante per i lettori affezionati al protagonista può apparire la decisione di Angela di creare un meccanismo di sospensione e incertezza che aleggia fino alla fine intorno alla vita di Goran. Necessario è riflettere anche sul personaggio di Bianca e sullo sviluppo del suo modo di comportarsi: figlia di un uomo di potere i cui forti ideali influiscono sul suo modo di pensare. Nell’aspetto psicologico risiede la possibilità di individuare la consapevolezza e la conoscenza della scrittrice in merito alla realtà circostante, descritta con certosina attenzione e sguardo lontano attraverso gli elementi sociali e psicologici introdotti nel testo. 

Preziosa analisi che rende libere riflessioni sulle tematiche affrontante, Bianca vestita di nero  contiene un messaggio che va continuamente condiviso e ripetuto affinché non cada nell’oblio, perché – si sa – la gente tende a dimenticare le vicissitudini e gli orrori del passato e noi questo non possiamo permetterlo!

Valentina Labattaglia